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Per le recensioni storico critiche di  Vittorio Sgarbi, di  Anna Francesca Biondolillo, di Josè Van Roy Dalì figlio di Salvator Dalì  e  di Dino Marasà vedere la prima pagina cliccando su www.plurispazialismo.com

Critica e inquadramento storico di Vittorio Sgarbi

 

critica del Professore Vittorio Sgarbi del 2018
 

critica del Professore Paolo Levi del 2018
 

critica del Professore Paolo Levi del 2018
 

nota critica  2018 settembre di Ginzburg mostra museo Vernadsky
 

critica di José Van Roy Dalì

 

Nota critica di Pero

30 artisti per Panorama
 

attestato di Sgarbi x Panorama d'Italia
 

Art History Artista nella Storia 2016


Levi Paolo critica 2016 07 Arte Impero Effetto Arte

 




1.

Cordero Giovanni  - allorché ricopriva importanti incarichi presso il Ministero dei Beni Culturali a Roma

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2.

Citiamo ancora un’altra prerogativa dell’arte di Castelli evidenziata, allorché copriva importanti incarichi presso il Ministero dei Beni Culturali a Roma, dal critico d’arte Giovanni Cordero presentando nel 2002 il primo libro catalogo ragionato di Castelli, cioè che “nell’arte di Gian Luigi Castelli sono presenti sia l’attributo idiolettico sia quello sociolettico”.

Riportiamo allo scopo parte di tale scritto.

L’opera di un artista è identificata dall’attributo idiolettico se ciò che viene rappresentato è così strettamente legato alla storia personale dell’artista, al suo vissuto, al suo universo esistenziale, che, se l’artista non ci fornisce qualche chiave di interpretazione, il contenuto rimane enigmatico, oscuro, se non addirittura muto. L’opera è invece identificata come sociolettica se l’autore si esprime con un linguaggio condiviso dalla comunità a cui appartiene e quindi facilmente comprensibile a tutti.  Per capire meglio, nel primo caso l’artista dipinge per parlare del suo mondo cognitivo ed emotivo, delle sue esperienze personali e delle sue fantasie, fondamentalmente opera in maniera da rivolgere l’attenzione a se stesso. È un tentativo di spiegare al proprio “IO” alcune cose che altrimenti, se non espresse in forma concreta (a esempio una tavola dipinta, un foglio con un disegno, uno scritto), rimarrebbero soltanto pensieri evanescenti all’interno della sua psiche. È un modo empirico di dare conoscenza e realtà al mondo interiore che altrimenti sfuggirebbe per sempre alla conoscenza altrui. Quindi lo scopo principale di un’esperienza idiolettica è quello di chiarirsi alcuni assunti, nel momento stesso che li esperisci o quando li profferisci, senza preoccuparsi di essere ascoltati o capiti.  Ciò è vero per molta arte anicronica: informale, astratta e concettuale.

Al contrario nel caso di un’opera sociolettica all’autore non interessa che l’opera sia soltanto legata alla sua sfera personale, ma vuole qualcosa di più.  Desidera che sia fruita da altri.  Stimola la collaborazione, ne incentiva la creatività e la compartecipazione ed è come se l’artista pensasse al suo interlocutore come un possibile collaboratore al dialogo espressivo. Questo è vero per gran parte dell’arte figurativa che permette a ogni fruitore di identificare e riconoscere una grammatica visiva riconciliabile al vero.

In Castelli, aggiunge Cordero, i quadri nascono come idiolettici nel momento dell’ideazione e della realizzazione e in seguito per un processo metamorfico si trasformano in sociolettici, ciò avviene già nei titoli, nei riferimenti letterari e, infine, nell’analisi strutturale fornita dallo stesso autore nelle sue pubblicazioni; Castelli ci accompagna nella comprensione degli elaborati artistici, con generosità di citazioni e dovizia di spiegazioni, in maniera tale da esplicitare tre momenti successivi della sua ricerca, per esempio quella sugli archetipi psicologici del mito.

I temi trattati da Castelli nella sua elaborazione estetica, scrisse Cordero, sono facilmente identificabili perchè appartengono al gorgo della vita e al suo divenire continuo: sono esaltati l’amore in tutte le sue declinazioni, il credere pagano e cristiano disgelato nei suoi misteri, la bellezza della natura in genere e le seduzioni del corpo umano, le meraviglie del mondo, l’avventura della scoperta, la fascinazione del viaggio all’interno dei meandri della mente, lo stupore davanti alla complessità del cosmo, il timore e il tremore che suscitano le vibrazioni dell’animo umano quando è preda del conflitto e del dubbio e quando si pone con animo indagatorio a riflettere sui fini ultimi dell’esistenza. Ma come rendere comprensibili e fruibili ai più questi concetti che ci invitano a gustare la vita nella sua tremenda complessità, con le sue luci e ombre e sognare un futuro, magari migliore ?   Come si fa a fermare nella memoria le nostre impressioni sulle esperienze passate o quotidiane e poi tradurre queste sensazioni sulla tela o sul foglio e aggiungervi quel valore aggiuntivo tipico dell’arte ?

Da sempre la bellezza è una peculiarità di un’opera d‘arte, cifra del mistero, dell’incognito, dello sconosciuto, dell’inusuale, dell’insolito e dunque in ultima analisi è un richiamo al trascendente. I valori dell’anima e dell’assoluto, della ricerca estetica, appartengono al mondo della riflessione, del pensiero e dell’interiorità, e dunque, in ultima analisi, anche al mondo dell’etica.  La poesia che dà voce e armonia al presente permette di sognare, inventare e creare il futuro continuamente.

La capacità rappresentativa di Castelli sta nel fatto di saper raccogliere stimoli ispiratori che provengono da quel sapere umano che gli antichi avevano sistematizzato nelle cosmologie e teologie mitologiche. Lui le rielabora prima in un discorso idiolettico e poi per onestà intellettuale, spinta comunicativa e rispetto del fruitore le traduce in un testo letterario divulgativo che tiene in considerazione diversi fattori. Cordero ne elencò alcuni. Prima di tutto una ricerca storico- letteraria documentata e una critica artistica-filologica puntuale, ma soprattutto, occupandosi di simbologia universale e degli archetipi mentali, si confronta con il metodo psicologico e psicoanalitico.

L’artista Castelli, continuò Cordero, ci dona una chiave di lettura, fondamentalmente sociolettica, per leggere i suoi quadri plurispaziali, peraltro riprodotti nei suoi libri:  per la capacità di concentrazione e di ragionamento, dimostra essere un fine analizzatore del senso della realtà qui trasfigurata in un mondo di luci e colori.

Alla luce della visione quantistica recepita dal Plurispazialismo e di quanto enunciato da Mistrangelo e Lodari, si può aggiungere a quanto scritto da Cordero che all’osservatore, dal momento che immedesimandosi nell’opera di Castelli è stimolato a creare proprie interpretazioni e visioni con un processo cosciente, il dipinto plurispaziale da idiolettico diventa chiaro e significativo. Questo in quanto egli lo traduce in una sua personale e consapevole interpretazione nei proprii spazi mentali, interpretazione e visione personale che in un certo senso rimane idiolettica.  Ci troviamo quindi di fronte a una nuova connotazione del termine sociolettico, che possiamo definire individual sociolettico, e alla violazione dell’aut aut aristotelico e del dualismo di contrapposizione e ci si inoltra pragmaticamente nel mondo dell’ossimoro.

Riprendendo lo scritto di Cordero, esso evidenzia che le opere plurispaziali sono pervase da un dinamismo di colore e di segno ascrivibili, per somiglianza e analogia alla ricerca futurista. Misteriose ed enigmatiche esse svelano un mondo inconsueto, al contempo logico e irrazionale. E Cordero scrisse ancora: un senso di disorientamento ci afferra nel cercare di cogliere i nessi, le associazioni all’interno dei dipinti, i collegamenti tra il contenuto del quadro e il suo stesso titolo. Le figure sono come sospese nel tempo e nello spazio. Agganciandoci a tale scritto di Cordero e alla concezione quantistica di tempo e spazio, possiamo dire, come ha anche scritto, osservando i quadri plurispaziali, l’astrofisico MassimoTeodorani, che i dipinti di Castelli sono unità alocate e che realizzano rappresentazioni simboliche del campo di forma con potenziale informativo di Bohm.

Cordero proseguì scrivendo che le figure sembrano vorticare dentro un caos che reclama un ordine, un caos che tuttavia non impedisce di trovare un filo conduttore che ha nella simbologia dell’antico mito una soluzione. Filo conduttore che, per i dipinti plurispaziali tematici di Castelli posteriori allo scritto di Cordero e presentati alla personale del 2010, ha una soluzione, tra le tante offerte e sovrapposte nei dipinti, nella simbologia di scritti di famosi autori e in quella di esempi di vita emblematici di un amore comprensivo e disinteressato. 

Cordero nel 2002 scrisse anche che gli olii plurispaziali di Castelli sono variamente caratterizzati:  da un linearismo estremamente libero e sinuoso (cita i quadri Afrodite, Perseo e Acrisio), da texture di matrice organico-biologico tanto da ricordare neuroni e connessioni sinaptice (quadro Orfeo ed Euridice), dal cromatismo acceso quasi fosforescente con velature e trasparenze pulsanti e cariche di energia (quadri Pigmalione, Salomè, Umano e Divino), dai toni contrastati e molto sperimentali nella gestualità del segno (Apollo e Dafne, Laio ed Edipo), da un senso della profondità ambigua e conturbante che cerca di saturare tutto lo spazio scenico (Ulisse).  Riportiamo, a chiarimento, un dipinto per ogni tipologia estetica individuata da Cordero

 

7 B   Afrodite6  Orfeo ed Euridice3  Pigmalione H700xistall2  Apollo e Dafne H700xistall1  Ulisse (plurispaziale)

     

 

 

 

 

Afrodite              Orfeo ed Euridice          Pigmalione         Apollo e Dafne                 Ulisse

 

Valutazioni queste di Cordero che fanno capire che la cifra di Castelli non si trova tanto in un protocollo stilistico visivo, quanto in qualcosa di più profondo, più legato al sentito, a elementi più astratti e metodologici, a un fluire di pensieri interni che si concretizzano e si traducono nei dipinti, cercando una mirata efficacia espressiva e comunicativa e lasciando, nel contempo, ampi spazi alla libera interpretazione.

Cordero scrisse ancora che i dipinti di Castelli testimoniano che vi è una continuità antropologica di fondo nelle nostra civiltà occidentale, un sistema di valori spirituali basati sul rispetto della persona e della sua inviolabile individualità; egli coglie così il leitmotiv dell’opera di Castelli orientato a valorizzare la persona con la sua dignità e a ridarle un ruolo centrale.

I dipinti, scrisse, esprimono nella loro dimensione sociale un sentimento di amore e gratitudine per la vita in tutte le sue forme, aprono nuove prospettive e ipotesi esistenziali sul mistero dell’universo.

A Cordero è stato caro concludere la presentazione del primo libro (catalogo ragionato di una personale) e delle opere di Castelli relative al tema “Umanesimo trascendentale” con le parole dello scrittore Saint Exupéry che ben riassumono quanto l’artista Castelli ha cercato di esprimere nei suoi scritti e nelle sue opere pittoriche: “È soltanto con il cuore che si può vedere l’essenziale, perché questo è invisibile agli occhi”.

Cuore che cogliendo gli essenziali fa vibrare l’animo umano in una sinfonia di note e toni diversi, in svariate armonie e in differenti espressioni visive oltre la fissità di un’unica cifra visiva.

 

3.

Gabriele Lodari:

“Alla ricerca di alcune invenzioni teoriche”

Tratto dalla presentazione della personale di Gian Luigi Castelli (14 Aprile – 6 Maggio 2010)

Accostandomi alla  pittura dell’ingegner Castelli, ho voluto, interrogare l’opera per lasciare che fosse prima di tutto essa stessa a suggerire l’invenzione teorica e non viceversa. E il confronto con la sua pittura mi ha convinto precisamente di questo: l’infinito dell’opera non è più un infinito potenziale, algebrico, che attende di essere ingravidato dal concetto, ma al contrario è il concetto che diviene flessibile e si piega in una nuova versione, in un nuovo racconto, ispirato dall’assoluta novità e unicità espressa dal quadro. L’infinito, che io leggo nelle opere di Castelli e che le rendono preziose, è un infinito del racconto, in cui non è più possibile separare, in uno sterile dualismo, l’immagine dal racconto e dalla parola. E’ la natura artifiziosa e infinita di Leonardo, per intenderci, e nei quadri di Castelli a me pare di cogliere proprio la dimensione pragmatica che s’impone, ovvero l’esigenza di un fare, di un dipingere che è anzitutto l’invenzione di un racconto. Sono i colori. Il sovrapporsi dei volti appena abbozzati. Nei quadri di Castelli io trovo la dimensione pragmatica piuttosto che quella concettuale e meramente rappresentativa.

A questo punto, mi verrebbe quasi da dire che Castelli è artista nonostante e contro la sua stessa volontà di volerlo essere, è artista nonostante se stesso, ossia nonostante l’interpretazione raziocinante e la concettualizzante che poi lui stesso applica diligentemente alla sua opera. Castelli è assiduo frequentatore dei miei seminari, e nell’associazione che ho l’onore di presiedere, il tentativo è proprio quello di porre la psicoanalisi al servizio dell’arte e non viceversa. In particolare, auspico seppellita, e per sempre, quella che considero una psicoanalisi deteriore volta a rintracciare nelle opere dell’artista i suoi sintomi o il riferimento agli eventi traumatici della sua vita.

L’arte, la narrazione, sono originarie in tutti i campi, in quello della scienza, anche delle scienze definite esatte, oltre che di quelle umane, (antropologia, sociologia, linguistica, ecc). Questo è l’intento di metodo che poniamo a guida nel nostro lavoro. Ciò dovrebbe a mio parere valere per ciascuna scienza e sapere, rovesciando l’opinione consolidata storicamente e difficile da cancellare, dell’eterna posizione marginale dell’artista e dell’opera manuale rispetto al sapere del tecnico o dello scienziato. Lo scienziato, quando è tale davvero, nel momento felice dell’invenzione, è in realtà più narratore e finanche pittore, che non calcolatore e ragionatore.

Se, come credo sia giusto, adottiamo questo criterio di lettura anche nei confronti dell’opera di Castelli, allora possiamo davvero leggere i suoi quadri come qualcosa al di fuori della storia della pittura, o in grado di ricapitolarla e riassumerla, ovvero come simbolo del grande potere creativo che sorge anzitutto quando la narrazione e il colore sono inestricabilmente congiunti e il concetto risulta semmai soltanto una conseguenza accessoria.

L’infinito della parola comprende allora anche l’immagine che, nei quadri di Castelli, non è mai un’immagine scissa e isolata, a se stante, ma che, per via della leggerezza del colore che pervade la tela, si amalgama con tutti gli elementi presenti nel quadro. E se adottiamo questo criterio di lettura cadono anche i dualismi (ideologici); materia energia, bene e male, copia e originale, cose e parole, concetto e realtà, immagine e realtà. L’immagine si crea e si evolve nel racconto, e il colore è sempre un colore nella sembianza, in grado di suscitare il movimento emotivo, la linea (che, con l’invenzione delle sue curve, è molto presente nei suoi quadri) non è un’astratta giustapposizione rispetto alle figure dello sfondo, ma vale come una traccia che può trascinare, inglobare e orientare il racconto stesso.

Ma, infine, la bellezza (e il nuovo messaggio) che possiamo rintracciare condensata nei suoi quadri risulta proprio la seguente: la centralità dell’opera d’arte che, abbandonando un ruolo a cui storicamente è quasi sempre asservita, per esempio di mimesi, di mera rappresentazione, è in grado d’integrare, assumere e orientare nella propria singolarità, qualsiasi umano processo inventivo, non solo culturale in senso ampio, ma anche scientifico e tecnico. E’ in questo modo che l’arte può riconquistare un ruolo di primo piano nel campo dell’espressione dell’ingegno dell’uomo.

 

4.Dino Marasà

pubblicato da   Effetto Arte Anno 1   Num  0    Nov Dic 2010

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5. Dino Marasà

pubblicato da  OverArt    Anno 1   Num 1  Gennaio  Febbraio  2012

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6. Angelo  Mistrangelo:-

“La tensione di Castelli a una certa spiritualità”

 

Tratto dalla presentazione della personale di Gian Luigi Castelli (14 Aprile – 6 Maggio 2010)

 

Dobbiamo definire questa mostra un po’ insolita, un po’ diversa da quelle che si vedono abitualmente.

Conosciamo Castelli da diversi anni, da diversi anni porta avanti il suo discorso con forza, con intensità, con la volontà di comunicare quello chè è il suo pensiero.

Lo ricordo in una piccola galleria vicino al Politecnico con tantissimi quadri esposti e abbiamo parlato lungamente.

Anche lì proponeva le sue opere in un modo insolito, perchè di solito i pittori dicono delle frasi specifiche ”è la pittura che deve parlare, è la pittura che deve comunicare, sono i miei quadri che devono dirvi qualcosa”. Castelli agisce diversamente, lui dice ti comunico ciò che penso, ciò che sono i miei quadri, ma contemporaneamente i miei quadri parlano, quindi c’è in più questa simbiosi, una volontà di dire, una sua forza lo ripeto, perchè portare avanti un discorso a più ampio spettro è un’operazione che incide fortemente, poi lui oltre a dipingere pubblica libri dove con una grafia fitta riesce a comunicarci il suo pensiero.

Quindi direi che questa mostra è una sintesi, se pur allargata a molti quadri, di quello che è il suo pensiero.

Una sintesi che poi è legata in questa occasione alla presenza di questi banchetti quasi scolastici, dove ognuno osservando un quadro può apporre le proprie intuizioni, i propri significati, ciò che prova. Come mi diceva, c’è chi vede un mondo esoterico e c’è chi invece vede il volto di una Madonna o comunque vede un sorriso, vede una sensazione.

Perchè in questo tipo di pittura non voglio dire che si può vedere completamente ciò che si vuole, ma ognuno deve entrare dentro. L’idea di Castelli non è soltanto di presentare un quadro, seppur elaborato con molta attenzione e con molta misura, ma di entrare dentro il quadro, avvertirne i significati e arrivare a quello che lui ha definito il Plurispazialismo, e qui siamo in un mondo difficile.

Castelli è partito dallo spazialismo di Fontana e poi lentamente ha creato questa sua corrente, che è un discorso unico, personalissimo e incentivato da questa sezione di quadri.

Il Plurispazialismo non è facile da interpretare, ma c’è l’uomo sempre in primo piano, l’uomo diventa l’artefice non solo del quadro, ma di una comunicazione, la comunicazione di quello che è l’interiorità dell’artista, ma non solo dell’artista perchè colui che si avvicina al quadro e l’osserva e poi scrive appunti e annotazioni interviene sull’opera col proprio pensiero e l’opera si modifica.

Circa questa visione ricordo lo scritto di Alfredo Giuliani, un poeta del gruppo 63, “chi legge una poesia e chi la interpreta leggendo” perchè è chiaro che per ognuno di noi, a seconda degli stati d’animo dei momenti, delle occasioni, varia la lettura di un brano o l’ascolto di una frase musicale o l’interpretazione dei versi.

Tutti noi sappiamo che in base alle nostre emozioni interpretiamo il pensiero del poeta, del pittore, del musicista.

Con questa visione, che è molto allargata, andiamo oltre quello che è il significato della pittura in senso stretto, cioè dipingere, utilizzare i colori, la linea, l’intuizione: ci troviamo di fronte a una visione della vita e della realtà. La sua non è strettamente un’istallazione come si usa dire adesso, cioè l’artista realizza un’opera e poi s’interviene sull’opera, qui c’è in più uno scambio continuo che Castelli ha poi tradotto nelle pagine dei suoi libri che fanno parte del suo contesto.

La mostra ha questo significato.

Abbiamo dei banchetti un pò scolastici e in certi momenti mi è sembrato l’ultima elezione, anche se invece di uomini e donne c’è scritto fabbrica di pensieri, però, potrebbe essere un’elezione e secondo me vi è questo fraseggio. Voi notate che i quadri hanno un intersecarsi di linee, di piani, di volti, di figure, di simboli, la terra, l’uomo, le parti esoteriche della vita, cioè tutto viene come legato, frase dopo frase, momento dopo momento da questa scrittura, che è la scrittura di Castelli.

Non è facile, e lui lo sa, avere una connotazione come Plurispazialismo, però lui non demorde, il suo sorriso è costante e persiste nel proporlo.

Mi sembra che da tutto questo, specialmente dalle istallazioni, l’uomo sia evidenziato, c’è l’abbraccio verso l’uomo e nello stesso tempo c’è il passarci vicino e il non riconoscerci; quanti di noi nella nostra giornata, nel nostro calpestare le strade di Torino o i portici di via Roma non ci accorgiamo di quelli vicino, quante volte un amico ci tocca dicendoci sono qui anch’io e Castelli in queste pagine vuole dare il significato dell’uomo, l’uomo al centro della sua visione, al centro di questo nostro tempo, l’uomo che cerca di far emergere quelli che sono i sentimenti e comunque il modo di essere, vicino uno all’altro.

Ho detto uomo in senso generale, nel senso di umanità, non solo uomini e non solo donne, e queste persone fanno parte del suo mondo.

Ora mi sembra che il risultato ci sia.

Dal punto di vista pittorico i quadri sono migliorati nel tempo, hanno una cadenza raffinata, interiorizzata, pulita e come se Castelli tendesse a una sempre maggior spiritualità e questo andare oltre quanto è la materia, andare oltre quello che è la parte più rude del nostro cammino è una visione molto spirituale.

Direi che in questo Castelli ha raggiunto quella che era la sua idea: arrivare alla sublimazione del proprio pensiero.

Credo che vedremo altre opere in futuro, ma quello che penso è che la forza di ognuno di noi è la forza di offrire agli altri la propria condizione umana e la condizione umana in questi giorni a Torino è data dalla Sindone, dagli artisti che ne hanno parlato, da un volto misterioso, è data dalla magia di questo Plurispazialismo che noi sentiamo e ammiriamo e speriamo che Castelli ci dia altro in futuro.

 

7. Elisa Scattolini

“In occasione del corso olistico “Linguaggi e concetti in fisica, psicanalisi e arte”, propedeutico al Plurispazialismo, GianCastelli ha approfondito e integrato il suo Manifesto del Plurispazialismo e ha illustrato il percorso intellettuale e artistico che lo ha condotto a creare questa nuova e complessa espressione artistica con la quale si è avventurato negli spazi mentali. Egli li ravvisò prendendo spunto da Lucio Fontana che, con i suoi tagli, suggerì l’esistenza di spazi oltre la tela aprendo la strada verso nuovi orizzonti artistici. Rifacendosi a dipinti plurispaziali, il critico d’arte Giovanni Cordero, collaborando con lui nel 2002 alla stesura di un libro catalogo ragionato, scrisse che essi presentano una complessità caotica che reclama ordine e rappresentano un mondo al contempo logico e irrazionale e l’astrofisico Massimi Teodorani scrisse che illustrano (a livello sia razionale, sia sublimale) il concetto di unità e di non località spazio temporale”.                                                                                                             

 

8.  Carola  Serminato

“Quest’anno il Piemonte Artistico Culturale festeggerà i suoi 50 anni di attività: la prima mostra del 2007 viene dedicata interamente alle opere dell’artista Gian Luigi Castelli, in arte GianCastelli, che ha saputo sviluppare un concetto pittorico autonomo, anche a livello di codificazione concettuale, tale, da farsi portavoce di un’idea plurima di spazio visivo, che, in un certo senso si inserisce alla perfezione nella linea espositiva di eterogeneità che il Piemonte Artistico da sempre propone. All’inaugurazione della mostra Angelo Mistrangelo ha introdotto l’artista e la sue teorie innovative collegando il Manifesto Plurispazialista al Manifesto Futurista. Entrambi hanno saputo interpretare la società a loro contemporanea e quella futura.”   

 

Cliccare su    "Critiche Sandro Serradifalco, Levi, Randazzo, Lubrano"   per leggere il documento 

 

 



LIBRI PUBBLICATI:


1. "PLURISPAZIALISMO LA SIMULTANEITA' NELL'ARTE AVANGUARDIA ARTISTICA E DI PENSIERO
che propone nuovi paradigmi aprenti l'era del Personarcato e indicanti una via per la pace e la sicurezza"

Edito nel 2011
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2. "PLURISPAZIALISMO AVANGUARDIA ARTISTICA E DI PENSIERO"

Edito nel 2010
Estratto dal volume "Avanguardie Artistiche 2010"
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